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Giovedì, 27 Febbraio 2025 11:06

DIRETTIVA EUROPEA PPWR: NUOVE REGOLE SU IMBALLAGGI

Direttiva europea PPWR: nuove regole sugli imballaggi

Dal 2030 solo packaging riciclabile e meno plastica monouso: l’Unione Europea impone nuove regole per ridurre l’impatto ambientale degli imballaggi e spinge l’industria verso materiali più sostenibili

L’Unione Europea ha deciso di intervenire in modo deciso sulla gestione degli imballaggi e dei rifiuti da essi derivati. La nuova Packaging and Packaging Waste Regulation (PPWR) segna una svolta importante: non più semplici linee guida, ma un regolamento vincolante che si applicherà direttamente in tutti gli Stati membri. L’obiettivo è quello di ridurre la quantità di plastica utilizzata per gli imballaggi, aumentare il riciclo e promuovere materiali più sostenibili.

Nel corso dell’ultimo decennio, il packaging è diventato un problema sempre più evidente. I rifiuti generati dagli imballaggi continuano a crescere a un ritmo preoccupante: nel 2021, ogni abitante dell’UE ha generato in media 188,7 kg di rifiuti da imballaggio (Eurostat, 2023), un dato in costante aumento (+32kg rispetto al 2011). Di questi, una parte significativa è costituita da plastica, il materiale più problematico in termini di riciclo e impatto ambientale. La vecchia Direttiva 94/62/CE non è stata sufficiente a invertire la rotta e, anzi, tra il 2011 e il 2021 il packaging waste generato da imballaggio è aumentato del 27% (Eurostat, 2023).

Di fronte a questa emergenza, la PPWR stabilisce regole chiare e ambiziose soprattutto per quanto riguarda il problema derivante dall’utilizzo di plastica. Anche se rappresenta circa il 19-20% dei materiali da imballaggio, il suo riciclo è attualmente bassissimo mentre il suo impatto sull’ambiente rimane gigantesco. Le soluzioni per la plastica sono fondamentalmente due: ridurre la produzione di plastica vergine; migliorare il processo per la gestione e il riciclaggio della plastica post-consumo.

La normativa introduce, inoltre, percentuali minime obbligatorie di materiale riciclato negli imballaggi in plastica: dal 10 al 35% entro il 2030, fino al 65% entro il 2040. Inoltre, saranno vietati gli imballaggi monouso in plastica per prodotti ortofrutticoli freschi, preconfezionati, di perso inferiore a 1,5 kg, così come quelli per il settore HoReCa destinati a cibi e bevande consumati sul posto. Questo significa un cambiamento radicale per molti settori, in particolare quello agroalimentare, che dovrà ripensare la propria strategia di confezionamento.

 

Un altro nodo cruciale riguarda i PFAS (sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche), spesso presenti nei rivestimenti degli imballaggi alimentari per la loro resistenza all’olio e al calore. Noti come “forever chemicals”, questi composti sono altamente persistenti e possono accumularsi negli organismi viventi, con effetti ancora poco chiari sulla salute umana. La PPWR stabilisce limiti stringenti per il loro utilizzo, un passo fondamentale per garantire la sicurezza alimentare e ridurre la contaminazione ambientale.

C’è poi il grande tema del riuso vs riciclo. Il regolamento spinge per un maggiore utilizzo di imballaggi riutilizzabili, ma non tutti sono d’accordo. Secondo EPPA (European Paper Packaging Alliance, 2023), in alcuni contesti il passaggio a soluzioni riutilizzabili potrebbe avere un impatto ambientale addirittura superiore rispetto agli imballaggi monouso, a causa del consumo di acqua e delle risorse necessarie per il lavaggio e la logistica. Il dibattito è aperto, ma una cosa è certa: l’eco-design sarà un elemento chiave. I produttori dovranno ripensare i materiali e i formati degli imballaggi, privilegiando soluzioni più semplici e facilmente riciclabili.

Le aziende non potranno più ignorare il problema. Il regolamento impone agli operatori del settore di contribuire finanziariamente alla gestione dei rifiuti di imballaggio attraverso il principio della responsabilità estesa del produttore (EPR – Extended Producer Responsibility). In altre parole, chi immette imballaggi sul mercato dovrà anche contribuire ai costi della loro raccolta e smaltimento.

Cosa significa tutto questo per l’agricoltura e l’industria alimentare? Il settore agroalimentare sarà tra quelli più impattati dalla PPWR. I produttori di frutta e verdura dovranno adeguarsi all’eliminazione degli imballaggi in plastica monouso, cercando alternative sostenibili che garantiscano la conservazione del prodotto senza aumentare sprechi e costi. Anche il comparto lattiero-caseario e quello delle bevande dovranno affrontare nuove sfide, con l’introduzione di contenitori riutilizzabili e materiali più facili da riciclare.

La PPWR rappresenta una sfida, ma anche un’opportunità. L’innovazione nei materiali e nei processi di confezionamento sarà fondamentale per rispettare i nuovi standard e, al tempo stesso, migliorare la sostenibilità dell’intero comparto.

 

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ADDIO ALLA PLASTICA MONOUSO: AL BANDO GLI OGGETTI DI PLASTICA MONOUSO PIÙ INQUINANTI

Dal 3 luglio 2021 entra in vigore la direttiva europea che mette al bando una serie di oggetti di plastica monouso, i più inquinanti, fra i quali piatti, posate e cannucce.

 

Il 3 luglio è entrata in vigore la Direttiva europea SUP (Single Use Plastic), approvata nel 2019 e recepita dall'Italia con legge nazionale nell'aprile scorso. Posate, piatti, cannucce, mescolatori, bastoncini cotonati, aste dei palloncini e contenitori per alimenti e bevande in polistirolo dal 3 luglio sono vietate in Europa. Non è più possibile produrli e commercializzarli. I negozi potranno ancora venderli fino ad esaurimento scorte, poi saranno proibiti. Questi prodotti insieme agli attrezzi da pesca, costituiscono il 70% circa dei rifiuti marini e sono molto spesso ritrovati sulle spiagge europee. Restano fuori tanti altri prodotti di uso quotidiano, considerati più difficili da sostituire nell’immediato. È il caso, per esempio, delle bottiglie, dei flaconi dei detersivi, delle scatolette, delle buste per i cibi. Diverso il discorso per uno degli oggetti di plastica più diffuso: i bicchieri. In questo caso è prevista solamente la riduzione del suo consumo, ma non il bando come avviene, per esempio, per piatti e posate.

Secondo lo studio "The Mediterranean: Mare plasticum" dell'International Union for Conservation of Nature and Natural Resources messa in evidenza da Slow Fish a Genova, la plastica totale accumulata nel Mar Mediterraneo ammonta a circa a un milione e 178 mila tonnellate. Secondo il rapporto i primi tre Paesi che contribuiscono alla sua dispersione sono Egitto, Italia e Turchia. La direttiva entra subito in vigore in Italia che richiede però a Bruxelles una modifica del divieto di utilizzo della plastica monouso. In particolare la modifica riguarda le plastiche bio, ovvero quelle prodotte da materie prime naturali e quindi biodegradabili e compostabili. La legge italiana le ha escluse dal bando e ora Roma chiede di farlo anche a Bruxelles.

 

 

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