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Scatta l’obbligo nazionale dal 25 settembre. Maggiore trasparenza per le imprese

 

Entrerà in vigore dal 25 settembre 2024, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale n. 212 del 10 settembre 2024 del decreto legislativo 6 settembre 2024, la normativa di attuazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio – direttiva 2022/2464/UE – meglio conosciuta come Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) che rende obbligatoria anche in Italia la rendicontazione sulla sostenibilità.

Il Decreto delinea le norme e i parametri per misurare la sostenibilità delle imprese, soprattutto di quelle quotate in borsa, che tengono conto degli obiettivi legati all’ESG (Environmental, Social e Governance) e delle attività compiute dalle aziende in questa direzione. Le aziende dovranno obbligatoriamente fornire informazioni sul proprio impatto, in relazione alla sostenibilità, a tutti gli stakeholder interni ed esterni così da garantire maggiore trasparenza.

La CSRD si applica gradualmente ad una vasta platea di imprese. Dal 2024 riguarderà le imprese quotate in borsa che soddisfano almeno due dei seguenti requisiti: totale attivo patrimoniale superiore a 25 milioni di euro; ricavi netti superiori a 50 milioni di euro; oltre 500 dipendenti. La direttiva si applicherà dal 2025 anche alle PMI che soddisfano alcuni requisiti specifici: totale attivo dello stato patrimoniale superiore a 25 milioni di euro; ricavi netti superiori ai 50 milioni di euro; oltre 250 dipendenti. Dal 2026, l’applicazione sarà estesa alle PMI quotate con fatturato sopra i 900.000 Euro, attivo superiore ai 450.000 Euro e oltre 50 dipendenti mentre dal 2028 riguarderà anche le imprese Extra-Ue che generano ricavi superiori ai 150 milioni nei Paesi dell’Unione. Restano fuori dal perimetro di obbligatorietà la Banda d’Italia, alcuni dei prodotti finanziari elencati nel Decreto e le micro imprese.

Come funziona la rendicontazione di sostenibilità: modalità, obblighi e sanzioni

L’attività di rendicontazione di sostenibilità (sustainability reporting) consiste nella misurazione, comunicazione e assunzione di responsabilità (accountability) nei confronti degli stakeholder, circa il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile prestabiliti dalle imprese. Quest’ultime dovranno fornire:

  1. la rendicontazione individuale di sostenibilità
  2. la rendicontazione consolidata di sostenibilità.

 

La rendicontazione individuale di sostenibilità, obbligatoria per grandi imprese e PMI quotate, mira a fornire una visione completa dell'impatto delle attività aziendali sulle questioni che riguardano la sostenibilità. Le aziende devono descrivere la loro strategia di sostenibilità, valutando rischi e opportunità legati alla transizione ecologica e allineandosi agli obiettivi internazionali, come la riduzione di fattori inquinanti. Tra le informazioni richieste: la resilienza del modello aziendale, il modello di governance, gli incentivi legati alla sostenibilità e la definizione di obiettivi per la riduzione delle emissioni entro il 2030 e 2050. Le imprese devono anche rendicontare i rischi e gli impatti negativi derivanti dalla loro catena del valore, nonché le azioni intraprese per prevenire o attenuare tali rischi. Le PMI quotate possono adottare un approccio semplificato e, fino al 2028, omettere alcune informazioni specifiche, motivandone però la scelta.

La rendicontazione consolidata di sostenibilità, obbligatoria per le società madri di un gruppo di grandi dimensioni, offre una visione globale dell'impatto del gruppo sulle questioni di sostenibilità. Pur mantenendo un'impostazione simile alla rendicontazione individuale, è focalizzata sull'intero gruppo e include dettagli su strategie, politiche, opportunità e azioni intraprese. Le società madri devono specificare le procedure attuate per raccogliere le informazioni presentate nella relazione sulla gestione consolidata, tenendo conto delle prospettive a breve, medio e lungo termine riguardanti le stesse informazioni fornite. La relazione deve anche fornire indicazioni sulle attività del gruppo e sulla sua catena del valore.

Stando a quanto riportato nel decreto attuativo, le imprese devono includere la rendicontazione di sostenibilità all’interno della relazione sulla gestione disponendone anche la pubblicazione sul sito web aziendale o mettendo a disposizione una copia cartacea per chiunque ne faccia richiesta.

La rendicontazione di sostenibilità è ritenuta valida se accompagnata da una attestazione sulla conformità appositamente rilasciata da un revisore. Il revisore verifica che la rendicontazione rispetti tutti criteri di previsti dalla normativa. La relazione del revisore deve includere una serie di elementi, tra cui un paragrafo introduttivo che identifichi la rendicontazione oggetto di revisione, una descrizione delle attività svolte e le conclusioni. Il revisore può anche essere lo stesso incaricato della revisione del bilancio aziendale.

Il decreto prevede poi un sistema sanzionatorio per garantire che le informazioni fornite siano conformi alla legge. Gli amministratori delle aziende sono responsabili di assicurare che i requisiti di rendicontazione siano rispettati. Le sanzioni, introdotte dal decreto, mirano a promuovere un approccio più equo e trasparente: per le società di revisione il tetto massimo delle sanzioni è di 125.000 euro, mentre per i revisori della sostenibilità è di 50.000 euro. Questo regime resterà in vigore per i primi due anni dall'entrata in vigore del decreto, per permettere un adeguamento graduale da parte delle imprese.

Le grandi imprese e le PMI quotate possono essere esenti dagli obblighi di rendicontazione se hanno già incluso le informazioni richieste: nella rendicontazione consolidata di sostenibilità della società madre; nella relazione consolidata sulla gestione della società madre europea; in una rendicontazione consolidata di sostenibilità redatta dalla società madre extra-europea in conformità con gli standard adottati dalla Commissione europea.

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