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NOVITÀ IN CAMPO DI ETICHETTATURA ALIMENTARE: PRODOTTO DA ALLEVAMENTO SOSTENIBILE
Dal 2023 è possibile certificare il rispetto del benessere animale. Il Decreto c’è ma mancano gli enti certificatori.
Importanti novità in vista per i prodotti da zootecnia sostenibile. Con l’inizio del 2023 è possibile per gli allevatori italiani applicare un'etichetta, con apposita dicitura, sugli alimenti che derivano da pratiche virtuose in termini di benessere animale ossia “prodotto da allevamento sostenibile”.
Ad autorizzare l’etichetta sarebbe il decreto ministeriale del 30 novembre, che sostituisce il decreto del 4 marzo 2011 sulla regolamentazione del Sistema di qualità nazionale zootecnica, a sua volta riferito al regolamento Ue 1974 del 2006.
Il decreto c’è ma non le etichette poiché per poter ottenere il bollino di qualità occorrono enti certificatori autorizzati a rilasciarle, e soprattutto serve un disciplinare, approvato da una commissione tecnica titolata, che stabilisca i requisiti per la certificazione. Al momento, non c’è né l’uno né l’altro. C’è solo un decreto, che parla di Sistema qualità nazionale zootecnia e di requisiti per la concessione dei contributi europei della nuova Pac in base agli ecoschemi approvati dall’Italia. Per ora l’adesione al sistema di qualità è volontaria e gli operatori devono essere certificati da organismi autorizzati. Per arrivare dunque a un bollino di qualità sulle confezioni di carne made in Italy la strada è ancora molto lunga.
I produttori alimentari sono sempre più consapevoli che il tema della sostenibilità degli alimenti sta diventando sempre più importante per i consumatori. Quest’ultimi si interessano sempre di più alla vita degli animali negli allevamenti e conoscono ormai le condizioni inaccettabili alle quali vengono sottoposti gli animali in gabbia.
Gli allevatori che spingono per rendere concreta la proposta di una nuova etichetta, scrive il Sole24Ore, puntano ad aumentare il consumo di carne made in Italy ma anche il rendimento che ne consegue se si alza la qualità: “Ad oggi, infatti, solo il 9% della carne bovina prodotta in Italia si fregia della denominazione Igp: la chianina, la marchigiana, la romagnola, la piemontese. Il restante 91% della carne prodotta nel nostro Paese, ricordano dall’Aop Italia Zootecnica, è commercializzata da produttori e macellatori in forma anonima, non ha un brand, e per il consumatore diventa difficile poterla riconoscere. Inoltre, ad oggi importiamo oltre il 48% della carne bovina consumata, in pratica una bistecca su due non è prodotta in Italia”.